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QUI, C'ERA UNA VOLTA LA FAVOLA

martedì 13 settembre 2016

Al di quà

Al di qua di questo blog c’è una stanza abbastanza grande che vive in un’apparente quieta penombra.
I mobili hanno tutto il sapore e il colore che solo un certo tempo può regalare loro, gli oggetti posati su di essi raccontano la mia vita:
 spesso sono un racconto anche per me che credo di conoscerli bene. 
Al di qua di questo grande paravento informatico i bites svaniscono, perdono dignità,resta solo la scrittura; il nero su bianco scorre per me immutabile e vivo, mi prende quando sto per cedere all’accidia di vivere senza un senso, mi ama anche se io ho detto in giro di non amarlo più.

Non riuscirò mai a trasmettervi il brivido dolce e fermo della mia prima lettura di Svevo, il sogno un po’perverso e liquido del primo Dannunzio, la pienezza ferma e riflessiva di alcune novelle pirandelliane…la mia Adriana Braggi che scopre l’eternità sulle soglie di una morte annunciata, il desiderio di vita che si accompagna alla fine del mio Pavese del 1967.
Nella penombra la luce si dispone in modo teatrale, regala un’apparenza diversa in base ad un gioco che, nuovo ogni volta, esalta o annulla quello che mi sembrava fondamentale un attimo prima.
La mia letteratura vive un’ipnosi eterna che io ho in parte regalato all’amore e alla passione:
 non torna mai indietro dai suoi viaggi senza portare con sè una nuova morte,
 un nuovo disagio e una nuova vita;
 fuori da queste stanze l’ordine e l’armonia con cui fisiologiche si dispongono le righe si trasformerebbero nel più bieco teatrino della poesia di tendenza e del mellifluo d’alta classe.
 Qui dentro sono un lampo accecante, un brivido e la consapevolezza crudele e fiera di esserci e aver vissuto; qui i miei amori sono confluiti nell’unico amore che mi farà compagnia quando la luce si spegnerà, le mie idee non avranno il tanfo dell’ideologia ma il sorriso sereno dell’aver capito.

1 commento:

  1. PRESENTAZIONE - Non è di alcuna utilità fingere una positività che non mi appartiene da tempo immemorabile o addirittura scriverne: non si deve mai scrivere prostituendosi alla necessità sociale del momento. Così mi rendo conto ogni giorno di più di quanto sia “naturale” e triste questa mia reiterata abitudine sintattica e concettuale, quanto sia limitante ma ineludibile il mio modo di scrivere…o riscrivere. Le pagine sono moltissime e variamente addobbate ma lo scrittore è unico! Ancora vi dirò che non riesco più a leggere gli altri con la serenità necessaria, fondamentalmente ne provo spesso fastidio; in certi casi carezzo in segreto le pagine dei miei amici di sempre e non riesco a capire il senso dei loro contatti in rete; mi sembra contraddittorio, forzato, una concessione alla umana necessità di piacere e di farsi blandire ogni tanto. In questa incomprensione si trova tutta la mia distanza incolmabile fra il desiderio palese di continuare in modo nuovo e decente e la obiettiva incapacità di farlo. A mio parere abbiamo già detto tutto, quelli come me possono al massimo ripetersi, passando dal ridicolo all’agiografico o dallo storico appassionato all’incisivo sintetico; in pratica abbiamo fregato le nuove leve della scrittura virtuale e l’unica cosa che possiamo fare è sparire per dar loro l’illusione che ci sia veramente aria nuova in giro. Continuerò la mia strada pacatamente… oddio talvolta il deficiente di turno riesce a darmi una piacevole scossa di gossip virtuale, riesce persino a farmi incazzare come ai vecchi tempi. Ma dura poco, Mozart riprende tutto il suo spazio e io lo ascolto in silenzio scrivendo righe che nessuno di voi leggerà mai. In ogni caso il mio modo di essere nella sostanza non può cambiare, non a questa età e non con stimoli ordinari: ciò che scrivo riflette perfettamente e in toto me stesso. Altrimenti scompare che è poi il giusto destino del virtuale in senso lato: l’ho detto tempo fa, il virtuale non ci sopravviverà, il cartaceo in qualche caso sì, della memoria siamo gli unici custodi personali ed essa va dove solo noi possiamo coglierne il vero frutto. Quello non potrà mai diventare un articolo. Vi voglio bene almeno quanto non vi sopporti: la storia della mia vita è tutta lì. Non esiste via di mezzo, per rimanere vivo devo uscire dal guscio, aprirmi e aprire. Espormi e dovermi spesso ricredere sull’effettiva possibilità di comunicare. Il desiderio di vedere e conoscere le mille vite pulsanti dietro ogni nome si porta appresso anche l’accidia di restare deluso: è un rapporto di amore – odio.

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Ciao Gina mia